episodio 5. tahir

[PAOLO]

sarà  probabilmente l’ultimo finesettimana dell’estate. ne approfittiamo per mostrare essaouira a francesco che è venuto a trovarci per qualche giorno. passiamo la notte a marrakech per spezzare il viaggio. partiamo la mattina con calma, dopo una ricca colazione. il cielo è chiaro, il sole forte. abbiamo una buona macchina che ci porterà  tranquillamente attraverso gli ultimi 200 Km che ci restano fino al mare. siamo in quattro, abbiamo i due serbatoi pieni, l’aria condizionata, della buona musica, acqua e qualche biscotto per gli appetiti di metà  mattina. sarà  un viaggio piacevole.

[LAILA]

dio grande e misericordioso, dimmi dove è mio marito? deve essere passato quasi un mese da quando è partito. i bambini iniziano a chiedere di lui tutti i giorni e io non so più cosa dire. ci ha chiamato qualche giorno fa per dirci che stava bene e che sarebbe tornato presto, inchallah. gli ho chiesto se era riuscito a trovare lavoro a marrakech ma sono finiti i soldi e la chiamata si è interrotta. e poi abbiamo solo un telefono cellulare in tutto il douhar e funziona solo salendo sul tetto della casa di ahmed. il kaid ci ha detto che verranno presto a fare qualcosa per far funzionare il telefono dappertutto. non so, io di queste cose non ci capisco, sono cose da uomini. io so solo che i miei bambini hanno fame e presto non avrà più niente da dargli da mangiare. ma stare qui sola è peggio della fame. dio grande e onnipotente, dove è mio marito?

[PAOLO]

tra marrakech e essaouira c’è un strada provinciale che scorre, senza quasi mai curvare, in mezzo al deserto. ci sono poche case sparse in mezzo ai sassi, qualche animale che pascola e bruca non si sa cosa. ogni tanto dei bambini apparentemente spersi nel nulla, ci guardano passare. a volte salutano. ridiamo di noi stessi evocando l’idea di percorrere la stessa strada di notte rimanendo in panne a metà. cerchiamo di trovare il punto peggiore per rimanere a piedi con la macchina. quello più isolato. non fatichiamo a trovarne diversi.

[LAILA]

anche il marito di aicha è partito per cercare lavoro. qualcosa deve aver trovato perchè riesce a mandare dei soldi. ma lui sa leggere e scrivere, credo che sia arrivato fino a casablanca. è lontana casablanca, io non sono mai stata in una città. solo una volta a essaouira per vendere delle conchiglie agli stranieri. c’è tanta gente a essaouira, ma a casablnca mi hanno detto che ce n’è ancora di più. io non so, non vado mica in giro. non sta bene, e poi c’ho i bambini e la casa. il mio tahir invece è andato a marrakech. anche li mi hanno detto che c’è lavoro. allora tahir è andato per cercare qualcosa. lui è forte e bravo. sicuro che lo trova qualcuno che gli da un lavoro. qui al douhar lo conoscono tutti e se c’era il lavoro qui sicuro che lui glielo davano ma siccome non c’è è dovuto andare a cercalo a marrakech. tahir quando tornerai a casa?

[PAOLO]

la macchina corre tranquilla e noi con lei. guardo il blu del cielo che scende a toccare l’orizzonte, la dove finisce la strada, in quel punto nero. oppure è la terra che si lancia la in fondo, verso il cielo. davanti a me il punto di contatto, un piccolo punto nero all’orizzonte. come se fosse un sasso, no, è un po’ in mezzo alla strada, non può essere un sasso, sembra più un sacco, ma è lungo e scuro. forse un copertone bruciato? no, è grosso, è… sembra un pezzo di scarpa, come se fosse una gamba, è una gamba, cristo! c’è un uomo steso sul ciglio della strada!!

scendiamo di corsa verso di lui. è privo di sensi, immobile, ha la schiuma alla bocca e del sangue in faccia. non so se sia vivo o no, ma prendiamo al volo una bottiglia d’acqua e gliela versiamo in bocca. è vivo. senza aprire gli occhi allunga una mano ed emette come un gemito. ancora acqua, e si riprende, come un fiore, si tira su. lo portiamo all’ombra di un albero. le macchine ci frecciano accanto. solo una si è fermata per vedere. con il fiato ancora corto, contando le parole che noi fatichiamoa capire, tahir si racconta.

[TAHIR]

sono andato a marrakech per cercare lavoro. ho una famiglia da mantenere e al mio villaggio non c’è niente. ma anche a marrakech, non ho trovato niente. quando ho finito i soldi, sono stato costretto a tornare. a piedi. pensavo che ce l’avrei fatta. ma da marrakech al mio villaggio c’è molta strada. sono partito tre giorni fa e non ho mangiato niente. mentre camminavo il sole è andato via e tutto era nero. sono cascato, credo, non ricordo.

[PAOLO]

tahir ha i vestiti stracciati e impolverati di chi non si è potuto cambiare per molto tempo. delle scarpe mezze bucate, portate senza calze. una piccola borsa. il polso batte ancora forte, restiamo seduti all’ombra, sul bordo della strada, quasi in silenzio. è meglio che non mangi, ancora non è passato lo shock. più per fare qualcosa che per fare qualcosa di veramente sensato, bagno un fazzoletto e lo passo sulla fronte di tahir, sperando di rinfrescarlo un po’. glielo passo sulle tempie, poi lo ribagno e poi lo ripasso. due lacrime silenziose scendono sul volto di tahir senza che lui cambi espressione. due lacrime sconfitte.

[LAILA]

stanotte ho sognato che tahir tornava e che eravamo insieme. non mi ricordo se aveva trovato lavoro, ma mi ricordo che dormivamo ancora insieme e che lui mi dava la borsa con dentro i vestiti che gli avevo preparato e io glieli lavavo, cosi’. se dio vorrà , il mio tahir tornerà  prima del ramadan.

[PAOLO]

tahir è partito per la sua famiglia, i suoi cari. ha lasciato il suo amore per poterlo fare vivere. forse ha scommesso tutti i suoi risparmi in questo viaggio. ma ha perso, non ha trovato niente ed è stato costretto a tornare a piedi, senza niente nelle mani.

[TAHIR]

non so perchè piango. si lo so. ho avuto paura di morire. che stupido che sono, ho avuto paura di non poter più tornare a casa senza lavoro e senza soldi? che uomo è un uomo che non riesce a sfamare la sua famiglia? e che non riesce neanche a camminare? cosa dirà a mia moglie? non ho niente. non sono riuscito a fare niente. ecco a cosa stavo pensando quando è diventato tutto nero. pensavo che da vivo non ce l’ho fatta.

[PAOLO]

tahir non dice niente, chissà  a cosa pensa. forse si domanderà  chi siamo? no, probabilmente starà  pensando a quello che gli è¨ successo. ma avremo capito bene? possibile che questo sia partito a piedi da marrakech? avrà  fatto quasi 150 Km sotto il sole… ma come è possibile… in marocco c’è gente che rischia di morire sotto il sole per trovare un lavoro. ma sarà  vero tutto quello che dice? e perchè dovrebbe piangere cosi’ in silenzio se non fosse tutto tragicamente vero?

[TAHIR]

no, basta cosi’. non bevo più. non sono abituato a bere tanto, come gli stranieri. si, d’accordo, salgo sulla vostra macchina. non ho capito dove andiamo, ma non ho la forza di reagire. spero solo che mi portiate più vicino a casa mia. abito in un villaggio a sud di essaouira. si, di la. non capisco quello che dite. no, grazie, non importa, non ho fame. cioè si, ho fame, ma non voglio che pensiate che…insomma. ci fermiamo?

[PAOLO]

Tahir, dove devi andare? ti ci portiamo noi. Come si chiama il tuo villaggio? mai sentito, dov’è? riesci ad indicarlo sulla cartina? no, capisco… probabilmente non l’hai mai vista una cartina. Decidiamo di andare insieme fino ad essaouira, gli lasciamo un po’ di soldi e poi prenderà  l’autobus pre arrivare a casa. magari prima mangiamo un boccone insieme, che se gli diamo solo i soldi per mangiare questo non mangia e li porta ai suoi a casa. e magari allora gli lasciamo qualcosa in più, per non presentarsi proprio a mani vuote. potrà  raccontare a sua moglie quello che vuole.

[TAHIR]

siamo a essaouira. si fermano a mangiare. mangiamo tutti. bismillah. questo bicchiere è per me? non voglio prenderlo se è di qualcun altro. la stazione degli autobus? si, lo so io dov’è. eccoci arrivati. ci lasciamo. non so chi siete, ma mi avete aiutato tanto, e adesso mi lasciate anche dei soldi. vorrei dirvi di venire a casa mia quando volete, ma la mia casa è molto povera e un po’ mi vergogno. e poi tanto non mi capireste. dio grande e misericordioso vi guarda e saprà  ricompensavi per la vostra generosità. andate in pace. ‘bslama.

[PAOLO]

due ora fa non avevo mai visto tahir. ora so che non lo rivedrò mai più. non voglio dimenticarlo, non lo dimenticherò. l’uomo che sotto il sole per tre giorni senza cibo, rischiando di morire, ha percorso la strada che noi (e mille altre persone) abbiamo attraversato distrattamente in un’ora e mezzo. mi rimetto al volante e penso con terrore che se fossimo partiti dieci minuti prima da marrakech avremmo forse incrociato tahir quando ancora era in piedi. magari si sarebbe girato verso di noi per chiedergi un passaggio e noi, probabilmente, glielo avremmo negato. è un pensiero che non porta da nessuna parte, tahir. lo ricaccio subito indietro da dove è venuto.