episodio 7. bambini

Roma, autunno 2006. in un appartamento di periferia tre giovani uomini che condividono lo stesso appartamento si incontrano la sera, dopo una lunga giornata di lavoro. Ognuno di loro, all’insaputa degli altri, è alla veglia di un importante momento della propria vita. E’ una chiara sera d’autunno, ancora non troppo fredda, con il cielo limpido e scintillante.

Demba è a pezzi quando arriva a casa. ha lavorato tutto il giorno e adesso è distrutto. non ha molta voglia di vedere le persone con cui abita e vorrebbe stare fuori, ma è troppo stanco e poi non saprebbe dove andare. è appena arrivato in italia e non conosce molto, non conosce la lingua, quelli che lavorano con lui è meglio perderli che trovarli. non è una vita facile, ma se vuole lavorare è costretto ad accettare queste condizioni. orari pesanti, spostamenti continui, un capo irascibile che è meglio non fare arrabbiare. ogni tanto si domanda perchè l’ha fatto, perchè è partito lasciando tutto dietro di se. perchè si è giocato la vita in questo modo? perchè ha lasciato sua madre, i suoi amici, il suo paese, la sua rispettabilità? oggi questi pensieri sono più forti, annuncio di quello che verrà domani.

Quando demba entra in casa, elvin è sotto la doccia. elvin pensa a sua madre e alla loro casa a tirana, in albania. sono nove anni che non la vede e si domanda come stia. quando è partito era un bambino, o forse no, era già uomo. elvin è arrivato in italia attaccato sotto un camion e sta per
ritornare in aereo. è un particolare da niente, giusto la sua intera esistenza, almeno fino a questo momento. l’acqua calda della doccia gli fa pensare al freddo gelido nel cortile della sua casa a tirana, unico punto dove potersi lavare con acqua corrente, le poche volte che c’era. nove anni fa.
un bimbo. cerca di rilassarsi sotto l’acqua calda, per non pensare troppo a quello che succederà domani. in fondo, ne ha paura.

Pietro è chiuso in camera sua. come al solito non si è reso conto che elvin sta facendo la doccia e che demba è appena rientrato. pietro scrive per un quotidiano multilingue che pubblica articoli in italiano, arabo, francese spagnolo, albanese greco e altre lingue mediterranee. un brillante progetto
editoriale che, come si può facilmente immaginare, sta fallendo miseramente. ma a pietro non importa. lui, ha altro a cui pensare. domani, sarà un altro giorno. domani, pietro sarà un’altra persona. un uomo.

Demba bussa alla porta di pietro. “salute, scrittore. non è ancora fallito il tuo giornale? ti fanno ancora scrivere?”. demba sa benissimo come far innervosire pietro, ma non lo dice con cattiveria, è solo per stuzzicarlo un po’. pietro risponde uscendo dalla stanza: “scrivo per me, cosa forse incomprensibile per voi funzionari delle nazioni unite, che sgobbate come schiavi solo per il vostro assurdo stipendio”. « calma – risponde demba – stavo solo scherzando. Lo dico per solidarietà, noi alle nazioni unite ne sappiamo qualcosa di cause perse e progetti fallimentari ». Elvin ascolta dal bagno.

Per un attimo ciascuno pensa ai propri progetti, più o meno fallimentari. Demba, avrebbe voluto avere una famiglia e un buon lavoro, per essere rispettato dalla gente della sua comunità, ma ha trovato solo un ottimo lavoro e non è riuscito a sposarsi. Elvin sognava di arrivare in Italia per aiutare sua madre, ma è partito bambino e non gli hanno lasciato tempo di crescere. Non è mai riuscito a mandare a casa un solo euro, e tutti pensano che non sia un vero uomo. Adesso vorrebbe tornare, per mostrare a sua madre la persona che è diventato e poter essere l’uomo che è. Pietro voleva essere un grande scrittore, ma non ne ha mai avuto le capacità. Voleva essere un buon padre di famiglia, ma non si è mai sposato. Da 6 anni sta con Matilde, ma i suoi pensano che sia ancora un bambino e non riescono a capire che è una storia seria. Una storia vera. La sua storia.

Roma, la fuori, è chiaramente indaffarata in tutt’altro.

Elvin ancora bagnato, rompe l’istante di silenzio: « voi due, magari datemi una mano a preparare la cena ». pietro: « non fare niente per me, mi faccio dopo due spaghi al limone ». elvin sul cibo non perdona: « ma che cazzo di spaghi ti vuoi fare sempre! possibile che mangi solo pasta? E poi che roba è la pasta al limone? ». Demba cerca di estendere alla riva nord del mediterraneo la sua saggezza africana « state calmi voi due ‘europei’ e non litigate. Oggi è stata una giornata faticosa e non ho voglia di sentire strillare anche a casa ». « Demba » dice Elvin « io ti rispetto, ma tu non dirmi cosa devo e non devo fare, non sei mio padre ». « Ringraziando Dio non lo sono, Elvin » risponde demba.

Brucia, stasera brucia più che mai. Non è la solita stanchezza di fine giornata. Stasera è qualcosa di diverso. Elvin prepara una cena tranquilla per « ‘sti due disgraziati » come gli piace definirli. « Stasera mi andava di farvi un piatto albanese: pilaf con carne ». « E’ la prima volta che ci fai un piatto albanese, Elvin. Che succede? ». « Niente – dice Elvin – è solo che mi andava. E poi il pollo yassa senegalese non lo so fare, Demba, e di pastasciutta non ne posso più quindi faccio la cucina albanese ».

Elvin cerca di pacificare gli animi facendo da mangiare, demba cerca di fare appello al buon senso e pietro tace. ciascuno a modo suo cerca di portare armonia nella casa, ma nessuno ci riesce. ognuno resta impigliato nei propri pensieri, la cena passa veloce e porta direttamente alla solitudine notturna del proprio letto. è notte.

[notte]

il mattino in autunno è fresco e chiaro. la luce arriva piano su una casa deserta della periferia di roma. quando la porta si apre è appena spuntato il sole. entra rachida, la signora marocchina che viene una volta a settimana a fare le pulizie e a prendersi cura di elvin, pietro e demba. è una donna sui 40, bella e forte, con due spalle abituate a portare la propria vita e quella dei suoi quattro figli. il marito l’ha lasciato quando l’alcol lo ha reso violento.

rachida entra in casa come al solito. nel buoi della casa, trova sul tavolo 3 biglietti, che guarda attentamente. se rachida sapesse leggere, troverebbe scritto:

Primo biglietto: «Cari ‘europei’, lascio questo vostro bel continente per qualche tempo. Torno a casa per sposarmi. Mia madre ha trovato una brava ragazza per me, bella, simpatica e di buona reputazione. Sarà la madre perfetta per i miei figli. E io sarò finalmente una persona rispettabile. E’ tempo che anche io metta un po’ la testa a posto e mi faccia una famiglia. Tornerò tra qualche mese con lei. Cercate di non litigare troppo. Demba »

Secondo bigietto: « Cari ‘disgraziati’. Vi do una brutta notizia: niente più pilaf per qualche tempo. me ne torno in albania. per essere sicuro di trovare ancora la strada, visto che è tanto che non ci vado, prendo l’aereo. volerò verso la grecia e quando, dopo aver passato il mare, vedrò una montagna di sassi, saprò che sono arrivato a casa e mi lancerò giù. ho deciso che devo rivedere mia madre, devo sapere se sta bene e se ha bisogno di me. non starò via molto, ma nel frattempo cercate di non morire di fame. miropofshim. Elvin »

Terzo biglietto: « Caro Demba e Elvin, Ieri sera eravamo tutti nervosi. Mi dispiace che non siamo riusciti a parlarci. Avrei avuto tante cose da raccontarvi e tante cose vi avrei voluto chiedere. Avrei voluto sapere perchè Elvin eri pensieroso, e perchè Demba eri più stronzo del solito – scherzo! Ma ero troppo preso dai miei di pensieri. Per la prima volta la mia vita sta cambiando e non posso più fare finta che non sia una rivoluzione. Non vi ho mai detto niente in questi mesi perchè non riuscivo a parlarne, perchè forse non capivo cosa mi sta succedendo. A parte quando sono nato, questo è l’unico vero cambiamento. adesso sono un’altra persona. Parto, starò via un po’ per raggiungere Matilde. Sto diventando padre. Torneremo presto con il bimbo, abbiate cura di voi, Pietro »

Rachida non saprà mai cosa c’è scritto su quei biglietti. ma capisce che in casa non c’è nessuno e che i tre li hanno lasciati sul tavolo al buio, prima di uscire nel silenzio della notte. lo sa rachida, perchè ha avuto in grembo, allattato e cresciuto quattro figli. con i bambini, ci sa fare.