[Articolo per l’Albero verde, ottobre 2013]
Il progetto “South Asian Alliance of Grassroot NGOs” (SAAGN) si avvia alla sua conclusione. Dopo tre anni di attività in cinque paesi dell’asia meridionale, è tempo di iniziare a guardare il lavoro svolto con sguardo critico per provare a tirare qualche conclusione.
Partecipare alla conferenza di Kathmandu è stata una bellissima occasione per toccare con mano i risultati raggiunti. La rete SAAGN che è stata supportata durante il progetto si è riunita per la prima volta in Nepal e ha iniziato un dialogo con le autorità regionali – la SAARC – sulle tematiche relative alla tutela dei diritti dell’infanzia. Piccole organizzazioni di base venute da cinque paesi diversi per discutere con i funzionari della SAARC, UNICEF e dell’Unione Europea. Al di là del singolo risultato, è interessante analizzare alcune caratteristiche di questo progetto che lo rendono particolarmente significativo:
Partecipazione. Il punto di partenza di questo progetto è stata una richiesta da parte di un’associazione indiana (Butterflies). La rete SAAGN che aveva solo un paio di anni di vita necessitava di essere rafforzata. Partendo da questa richiesta è stato costruito il progetto, analizzando in dettaglio i bisogni dei beneficiari (le organizzazioni membri della SAAGN) inisieme a loro stessi. Il ruolo di CIAI non è stato quello di proporre un’attività che a noi sembrasse utile, ma di aiutare a strutturare un’esigenza, catalizzare delle risorse e gestire il raggiungimento di un obiettivo. Questo approccio ha reso i beneficiari realmente partecipi del progetto perchè protagonisti irrinunciabili del proprio sviluppo.
Partenariato. Il progetto è stato realizzato da un consorzio di tre organizzazioni supportate da altre quattro, una in ciascuno dei paesi. Questo struttura gestionale “3+4” è stata alla base di ogni momento della vita del progetto rendendo particolarmente evidente la condivisione del progetto: la gestione delle risorse, le scelte strategiche e le relazioni istituzionali.
Appropriazione (ownership). Il fatto che i beneficiari di un progetto si approprino dei benefici generati dal progetto stesso e li sentano come propri è uno degli elementi principali che distingue la cooperazione allo sviluppo dall’assistenzialismo. La partecipazione dei beneficiari al progetto e lo sviluppo di un partenariato reale sono elementi fondamentali per assicurare una buona ownership. Nella conferenza di Kathmandu è stato evidente come l’appropriazione sia già avvenuta prima ancora della fine delle attività. CIAI ha partecipato quasi come osservatore esterno, lasciando agli altri partner la conduzione degli approfondimenti tematici, la gestione delle relazioni istituzionali e l’identificazione di percorsi evolutivi di questa esperienza. Quello che il progetto sta ancora realizzando è già completamente nelle mani dei nostri partner.
Sostenibilità. Intesa come possibilità che i meccanismi di cambiamento positivo innescati da un progetto possano continuare anche dopo la fine del progetto stesso e non come mera prosecuzione delle attività di progetto. In questo senso il progetto ha già mostrato la propria sostenibilità. Le autorità regionali della SAARC hanno manifestato una chiara volontà di sostenere la SAAGN nel futuro e il fatto che si siano già attivati dei contatti in questa direzione ne è una prova.
Questi meccanismi che riconosciamo nel progetto, sono in realtà alcuni dei principi che la comunità internazionali delle organizzazioni della società civile si è data come principi guida per misurare l’efficacia della cooperazione allo sviluppo. Tali principi sono descritti in quella che è nota come la “Dichiarazione di Istanbul” (http://cso-effectiveness.org/istanbul-principles,067?lang=en) e sono i principi con i quali ogni organizzazione che si occupa di sviluppo dovrebbe confrontarsi per valutare la qualità del proprio lavoro. Secondo le organizzazioni che li hanno proposti, questi principi definiscono l’efficacia di un’organizzazione.
Presentati adesso, i meccanismi virtuosi del progetto che ricalcano dei principi universalmente riconosciti, sembrano lineari e facili. Quasi scontati. Ma non è così. Si tratta di scelte che, nel momento in cui vengono fatte, sembrano sempre andare in salita. Condividere una analisi richiede essere aperti ad una visione del mondo diversa, essere paritari in un partenariato vuol dire sedersi intorno ad un tavolo con uguale forza, lasciare che qualcun altro si appropri di un risultato vuol dire sapersi fare da parte al momento giusto.
Toccare con mano i principi di Istanbul a Kathmandu è stato una bella esperienza che è stata possibile solo grazie al lavoro di tante persone. Questo risultato va quindi al di là di ogni singolo contributo che ciascuno di noi, in tempi, modi e con ruoli diversi, ha dato, rendendoci evidente una volta di più, se ce ne fosse bisogno, che quello per cui lavoriamo va oltre il nostro lavoro e, in definitiva, oltre noi stessi.