ruspe nel buio

come ogni sera, all’improvviso va via la luce.

oggi è saltata in tutta la città. affacciandosi non si vede una sola lucina accesa in nessuna direzione. dal buio sale un silenzio antico di rumori meccanici e, in parte, vivi. non c’è più il rumore del ventilarore, del frigo, del computer, della pompa dell’aqua. niente. si sentono i grilli fuori, animali non meglio identificati dentro (non voglio sapere). c’è un attimo di nulla che si espande intorno a me, forse un pezzetto di universo primordiale sfuggito dai laboratori del CERN (ma a quante cazzate danno eco i giornali).

il nulla si riempie presto di pensieri presi in prestito dalla cronaca di questi giorni. l’ingresso dell’india nel club dei paesi produttori di nucleare (santo cielo, ma gli salterà la luce anche ai reattori nucleari?), al lancio di un nuovo satellite indiano (beh, se staccano la luce qui è meno grave, al più ci cade il satellite in testa). nel subcontinente senza luce si accedono fiamme d’odio e di sangue. la nonviolenza ghandi l’ha pensata e predicata in un altro paese, non in questo. la recente violenza nello stato dell’orissa contro i cattolici accusati di aver fatto convertire gli intoccabili (a parte tutto, come biasimarli, se sei nato in una religione che ti chiama “intoccabile”, ti converti a qualcos’altro, no?!) si è estesa al karnataka e a qualche altro stato. a delhi lo scorso sabato dei folli che si fanno chiamare mujahidin indiani hanno messo 7 bombe delle quali 5 sono esplose uccidendo una trentina di persone (vado a delhi una volta ogni 6 mesi, indivinate quando ci sono andato l’ultima volta?). la grande india ha una quarto della sua popolazione che vive sotto la soglia della povertà (meno di 1$/giorno), è per 2/3 rurale ma lascia che i suoi contadini di suicidino perchè non riescono a ripagare i debiti. la vita continua a valere poco, nel buio.

quando si avanza nell’oscurità, non si riesce a vedere bene dove mettere i piedi e si rischia di pestare qualcosa o addirittura di cadere in terra, non c’è niente da fare. l’unico modo per andare avanti è sfondare, comunque, a priori. sedersi su una ruspa e mettere avanti tutta e quello che si trova sulla strada lo sfasciamo. è un po’ brutale ma si arriva alla fine. e alla fine resta un dubbio: ma c’è qualcuno che guida la ruspa oppure andava avanti da sola?

sento il clic dell’autoclave, si riaccende la luce, riparte la pompa dell’acqua, riparte il ventilatore. si vede e si respira. non è poco.